La canapa è un genere di piante originario dell’Asia centrale; nota fin dall’antichità, oggi è coltivata in tutto il mondo ed è comunemente nota anche come cannabis. All’interno del singolo genere sono state individuate e catalogate, nel corso dei secoli, diverse specie: le più comuni sono indica e sativa, alle quali si affiancano, a seconda del tipo di classificazione adottato, altre varietà quali la “ruderalis”, la “spontanea” o la “kafiristanica”. La controversa tassonomia della canapa genera tutt’ora una certa confusione, specie da parte dei meno esperti; ad ogni modo, esistono specifiche differenze tra cannabis sativa e indica: di seguito, vediamo quali sono.
Indica sativa: differenze
Per capire quali siano le differenze tra cannabis indica e sativa è necessario provare a ricostruire anzitutto la storia tassonomica della canapa, ossia come la pianta è stata classificata nel corso degli ultimi tre secoli. Il gene della cannabis venne catalogato per la prima volta nel 1753 da Carl Nilsson Linnaeus, un botanico svedese noto anche con il nome italianizzato di Carlo Linneo. Questi ritenne che il genere della canapa fosse composto da una sola specie; di conseguenza, si diffuse la nomenclatura ancora oggi più comune, Cannabis sativa Linneus (la stessa utilizzata, ad esempio, nella Legge n. 242 del 2016). Nel 1785, il botanico francese Jean-Baptiste Lamarck individuò una seconda specie di cannabis, la quale venne catalogata come Cannabis indica Lam, in quanto coltivata prevalentemente in India. Lamarck descrisse l’indica come una fibra più scadente rispetto alla canapa già conosciuta e coltivata in Europa; al contempo, rilevò come la prima avesse un maggior potere inebriante. Negli anni Venti del secolo scorso, il botanico russo Janichevsky classificò una terza specie, in quanto sufficientemente diversa sia dalla sativa che dall’indica: la Cannabis ruderalis, diffusa principalmente nelle regioni della Russia centrale.
Nel corso del Novecento, sono emerse nuove classificazioni. Nel 1976, Ernest Small e Arthur Cronquist hanno rivisto la tassonomia preesistente identificando un solo genere di canapa, al quale appartengono due sottospecie: Cannabis sativa L. e Cannabis indica (Lam.) Small & Cronq. (in pratica, una ‘sativa indica’). Infine, si deve a Richard Evans Schultes, botanista di Harvard, la suddivisione della cannabis in tre specie distinte: Indica, Sativa e Ruderalis. In sintesi, dal 18° secolo in poi, sono state catalogate diverse ‘varietà’ di canapa, ma alcuni studiosi le considerano specie diverse mentre altri le identificano come sottospecie di un solo genere di piante.
Quella di Schultes resta ancora oggi la suddivisione a cui si fa maggiormente riferimento, in quanto riflette abbastanza fedelmente le differenti caratteristiche delle varie specie di cannabis: la Sativa è la canapa ‘comune’, l’Indica è la canapa indiana mentre la Ruderalis predilige climi freddi e può avere carattere infestante in assenza di specie concorrenti.
Caratteristiche marijuana indica
La cannabis da cui si ricava la cosiddetta “erba indica” è originaria del subcontinente indiano ed è ancora oggi coltivata in special modo in Afghanistan, Pakistan, Tibet, Nepal e India settentrionale. Le piante di Indica hanno un aspetto vagamente cespuglioso a causa della vicinanza tra i nodi del fogliame, che comporta lo sviluppo di una chioma densa e compatta. Pur avendo un ritmo di crescita piuttosto rapido, non raggiungono l’altezza delle piante di Sativa; di contro, rispetto a queste ultime, hanno un ciclo di fioritura più rapido, che si completa in un lasso di tempo che va da 45 a 60 giorni (il ciclo vegetativo, invece, è leggermente più lungo di quello della Sativa). Ragion per cui, sono particolarmente adatte alla coltivazione indoor.
La chioma delle piante di Indica è formata da foglie prendisole (fan leaves) a cinque punte, composte da altrettante lamine affusolate dal profilo seghettato. Le cime, composte dalle infiorescenze e dalle foglie di zucchero (sugar leaves), dette anche “foglioline resinose”, hanno una forma compatta e raccolta, tant’è che spesso vengono chiamate ‘gemme’.
Cannabis sativa, caratteristiche
La cannabis Sativa predilige un clima tropicale; ragion per cui, questa specie viene coltivata soprattutto in paesi come la Thailandia, il Vietnam, la Colombia, il Messico, la Giamaica e in alcune regioni dell’Africa. Le piante hanno uno sviluppo verticale piuttosto pronunciato (l’altezza può superare i tre metri in determinate condizioni) e per questo sono maggiormente adatte alla coltivazione all’aperto.
Rispetto all’Indica, la Sativa presenta un ciclo di fioritura più lungo, che dura dai 60 ai 90 giorni, a seconda delle tecniche di coltivazione adottate. Di contro, ha uno sviluppo vegetativo più pronunciato durante il periodo di fioritura, in quanto è in grado di raddoppiare o triplicare le proprie dimensioni. Per quanto riguarda le caratteristiche fisiche, le piante di Sativa appaiono alte e affusolate, anche per via della maggiore distanza tra i nodi che si sviluppano dal fusto. La chioma è formata da ampie foglie prendisole a sette punte, ciascuna delle quali è costituita da una lamina di forma lanceolata con il margine seghettato mentre le cime, formate dalle foglie di zucchero e dalle infiorescenze, appaiono sottili ed allungate.
Ci sono effetti differenti?
Dalle piante di Cannabis Sativa e Indica si ricavano infiorescenze dagli effetti piuttosto diversi, al netto della sensibilità individuale, benché alcuni studiosi sostengano come le definizioni Indica o Sativa non possano essere adoperate per circoscrivere gli effetti di una specie, ma sono funzionali sono ad una differenziazione di tipo genetico e fenotipico. Va poi tenuto conto di un altro aspetto: molte delle genetiche più diffuse in commercio sono il risultato di lunghi e complessi processi di ibridazione tra Indica e Sativa, il che rende difatti impossibile attribuire l’origine e l’entità degli effetti ad una sola delle due specie.
Ciò nonostante, è opinione comune come entrambe agiscano in maniera diversa, sia a livello fisico che sensoriale. In linea di massima, è opinione comune che la marijuana sativa sia in grado di sortire effetti stimolanti, energizzanti ed euforizzanti mentre la marijuana indica avrebbe spiccate capacità rilassanti, calmanti, soporifere e blandamente sedative. In altre parole, la prima agirebbe principalmente a livello cerebrale e psichico, accentuando o alterando le percezioni sensoriali e le capacità mnemoniche, nonché causando felicità ed euforia anormali; la seconda, invece, avrebbe effetti che riguardano principalmente il corpo, provocando difficoltà di coordinazione, alterazione dei riflessi e sonnolenza.